Pitture e artisti |
Articolo critico del Dott. Franco Bulfarini
Il Percorso di Andrea Bertelli Pittore Bolognese nato a Ravarino
L’amico e maestro Andrea Bertelli ci ha lasciati. Lo conobbi anziano, ma lo
sentii ancora eterno bambino. Di lui rimane un bel ricordo. Fu
persona colta e ricca, soprattutto di buoni sentimenti. La sua arte
sincera, Andrea espresse con forza, ma al contempo con modestia e
dolcezza. Vorrei ripercorrerne la carriera d’artistica, perché lo
slancio vitale, che gli fu proprio, possa essere di esempio alle
nuove generazioni, onde far si ch’Egli ancora viva fra noi, stimato
esempio, di bontà, di coerente impegno civile, di sentita
partecipazione alla vita della sua amata città di Bologna. Al
contempo ne vorrei narrare le origini, cui Egli teneva, il suo luogo
natio, cui diede nel Settembre 2006, in occasione di quella che
sarebbe stata l’ultima importante mostra personale, un affettuoso
abbraccio, ritornandovi poco prima della definitiva dipartita
terrena, quasi fosse un presagio a portarlo nel piccolo borgo di
Stuffione, frazione di Ravarino (MO), per ricevere dal Sindaco
meritato tributo. Fu in quell’occasione che incontrai Bertelli, ne
conobbi il trascorso d’artista e di uomo, ne recensii la
retrospettiva, ne apprezzai l’umanità, ed il valore. Ebbene, in quel
luogo che lo vide fanciullo, allegro ed aperto alla vita, proprio in
quel luogo, sorridente come lo lasciai, vorrei fissarlo nel mio
ricordo e nel ricordo dei posteri.
Il percorso di Andrea Bertelli, rende con evidenza la carica di grande
umanità e l’onestà intellettuale che gli appartengono.
Egli ha fin da ragazzo inseguito un sogno, esprimersi da artista, al
contempo perseguendo l’imperativo categorico, di far coincidere ad
una proposta del tutto personale, la motivazione interiore, di
rendere la propria arte altro che un fatto squisitamente decorativo,
bensì pura ricerca, che coniughi la conoscenza di stilemi
contemporanei, all’interesse nello sviluppare coinvolgimento ed
attenzione per tematiche sociali.
La pittura consente ad Andrea di trattare sia con le ragioni interiori
in un dialogo introspettivo, che successivamente di pervenire
attraverso le sue opere ad un’analisi attenta di situazioni
ordinarie o straordinarie legate ai quotidiani accadimenti. Ecco che
l’artista trasmette con delicata ed inusitata sensibilità la
dolcezza di sentimenti profondi, senza mai fare della pittura un
fatto commerciale e meno che meno banalizzante iconografia.
Leggendo il libro edito da Giorgio Ruggeri “IL TRENO HA FISCHIATO”
(Bologna 1984), che parla dell’uomo e dell’arte di Bertelli, in un
susseguirsi di interventi critici, si scopre come tante siano le
sfumature e caratterizzazioni di un lavoro pittorico incessante,
fatto sia sulla tela che nella produzione grafica, ed ancor più nei
meandri di una mente proiettata a concepire l’arte come elemento
imprescindibile della vita. Bertelli è quindi un’artista che
potremmo definire di ampio respiro, attento osservatore della
contemporaneità, di cui rivela sia segnali di inquietudine che
momenti di euforica speranza, in una ricerca assillante, che lo
porta ad affrontare sempre nuove tematiche, con dinamismo che
ricorda i primi futuristi, anche se con ben diverse motivazioni.
Egli non è pittore di tendenza, non insegue facili mode, ma da
annoverare fra chi non può trovare precise collocazioni, poiché
continuamente in evoluzione, in perenne ricerca ed esplorazione
delle innumerevoli possibilità espressive. Un modo interessante di
fare arte, che non banalizza, che ama confrontarsi con i
contemporanei, perseguendo un linguaggio distinguibile ed
autentico.
Andrea ha una naturale sensibilità ed una altrettanto naturale
propensione al contatto umano, che la mancanza di studi accademici
rafforza, stante l’accresciuto bisogno di conoscere e di
confrontarsi sia con gli artisti che con le diverse tendenze e
stilemi imperanti fra i contemporanei. Lo spessore dell’artista si
comprende immediatamente se si osservano opere come: “Pensando a
Morandi” (omaggio a Giorgio Morandi – cm. 347x200), esposta in
permanenza alla Stazione F.S. di Bologna nella sala di attesa
Torquato Secci, assieme all’altra importante opera “Omaggio a
Guglielmo Marconi (cm. 347x200).
Egli riesce anche nell’impresa di raccogliere fondi a favore dei
famigliari delle vittime dell’attentato alla Stazione di Bologna e
per far questo non esita a smuovere le coscienze dei tanti artisti
che coinvolgerà nel progetto di asta benefica, dimostrando un valore
umano non certamente inferiore a quello artistico. Le numerose
personali e collettive, sono mezzo di verifica costante del nostro
Bertelli, presso un pubblico attento e spesso qualificato, trovando
egli sulla sua strada sempre autorevoli critici, pronti ad
incoraggiarlo, rafforzandone il proposito di agghindarsi con vesti a
volte scomode, quelle di chi persegue più che la bellezza della
stesura cromatica, peraltro mai trascurata, la vocazione espressivo
sentimentale.
Bertelli ha scelto di vivere due vite, una come macchinista di treni
vissuta per la sicurezza economica, l’altra protesa con passione a
liberare e concretizzare il sogno giovanile di essere artista.
Andrea in molte sue opere recenti indaga la realtà, appiattendola
sulla tela, da moderno come egli è, per poi sezionarla, depurandola
al contempo di inutili fardelli, per fornire uno spaccato
emozionale, elegante e sobrio al contempo, da elargire con
raziocinio. La buona capacità tecnica, la conoscenza dei mezzi e
soprattutto la sicurezza espressiva che lo contraddistingue,
favoriscono ben presto il raggiungimento di un’ineccepibile
equilibrio dei piani, dei pesi e contrappesi, nelle geometriche
visioni sintetizzanti ed al contempo non prive di concettuali
vocazioni a raggiungere severi contenuti stilistici. Le sue sono
opere che non di rado si nutrono di tematiche surreali, con oggetti
o persone che si materializzano in contesti imprevedibili, spesso si
avvalgono di spazi ed attese di richiamo metafisico (vedi “Lo
specchio dell’anima, 1972 – Olio su tela, 60x70 – Bologna, Coll.
Lambertini). Bertelli è certamente grande estimatore del Belga René
Magritte (1898-1967) e di Giorgio De Chirico (1888-1978), e degli
altri surrealisti, che ne influenzano non poco il percorso, egli
tuttavia riesce a non farsi schiacciare da questi “macigni”
dell’arte surreale, ponendosi su un proprio percorso e stile, ove
far emergere il dato umano, il sentimento del sociale la necessità e
la misura della comunicazione come sacrosanto dovere dell’artista.
Andrea muove da colori che Valerio Grimaldi (critico) definisce
“ghiacciati, grigio-azzurro del negativo fotografico”, zone luminose
che vivono nella forma, nelle prospettive dei piani, con
architetture spesso audaci, che si stagliano in orizzonti
imprevedibili, incerti, instabili, quasi a suggerire le difficoltà
dell’esistere le inquietudini del quotidiano con al centro sempre
l’uomo, la sua storia, il suo bisogno di comprendere l’universo, di
ritrovare una propria identità, in un perenne ed irrisolto conflitto
esistenziale, gravato ancor più oggi dalla globalizzazione delle
economie ed al contempo delle esistenze, in un mondo dove è più
facile perdersi che ritrovarsi.
Bertelli sulla tela e nelle opere recenti utilizza sempre più spesso i
modi del grafico pubblicitario perché è quello che la gente oggi
meglio comprende, ed è anche il suo sentire, non quindi per fare
un’operazione pop, pur sfiorandone i modi, ma per mantenere una
comunicazione efficace, coincidente con le istanze di questa umanità
disperata, di cui denuncia l’angoscia, volendola sconfiggere, per la
quale proietta la speranza dell’avvenire. Andrea stempera gli
squilibri le incongruenze il dato emotivo, nella forza portante
delle geometrie, con l’ausilio del disegno netto, preciso, che cerca
di fornire nuovi equilibri, per recuperare i sogni, svelandoli alla
luce di una visione razionale; ecco che le cromie si dissolvono
uniformemente sulla tela, con accuratezza, generalmente con poche
sfumature, senza l’aggravio della misura volumetrica o
chiaroscurale, prevalendo la gestione attenta dei piani cromatici,
architettonici e delle geometrie, quasi a ricordare la lezione
dell’olandese Piet Mondrian, ma ancor più in opere più recenti quali
“composizione irreale", olio su tela di cm 120x80, anno 2002” o “
composizione su tela" di cm 120x100, anno 2001, appare il conflitto
tra figurazione e astrazione, che ricorda la pittura di Fernand
Léger o quella di Lyonel Feininger, ma con colori tenui, tali da far
sussurrare a Giorgio Morandi (Bologna, 1890 – 1964) che Bertelli ha
conosciuto e stimato.
Andrea Bertelli conosce l’astrattismo, ma non si slega dalla
figurazione, ed ecco che ampie partizioni astratte, interagiscono
efficacemente con la precisione del dettaglio figurativo o con
costruzioni rivolte al surreale. Poi portentoso appare il Bertelli
dei murales, eseguiti a Berlino Occidentale ( nel 1978), dove il
pittore si diverte nell’inganno del trompe-l’oeil, che gli consente
di far emergere al meglio la sua grande capacità di colorista, con
cui esprimere la gioia del bello visivo a voler figurare la bellezza
della vita, l’amore per un mestiere scelto da sempre, in quanto
proficua gratificazione interiore da donare, con sincero ed
affettuoso slancio al prossimo.
Cenni biografici
Indagandone la storia personale emerge che Andrea Bertelli è nato il
16/07/1920, a Stuffione, una romantica frazione del piccolo paese di
Ravarino in provincia di Modena, realtà in quegli anni ed ancor oggi
prevalentemente rurale, un contesto di gente semplice e fiera, ricca
di tradizioni, che viveva e vive un intenso ed armonico contatto con
la natura, ma certamente soprattutto a qui tempi con la povertà, con
sacrifici e difficoltà, seppure con l’orgoglio nel voler dimostrare
di poter affrontare a testa alta le sfide della vita, nel rispetto
delle persone e della propria terra.
In tal luogo non dissimile da altri nella pianura padana, la vita di
ogni giorno andava conquistata con duro lavoro e qualche privazione
ma anche con serenità e fiducia nel domani. L’Andrea bambino
frequentò la scuola elementare a Solara, una frazione del limitrofo
paese di Bomporto e quindi la scuola di Stuffione, sono di questi
anni i primi dipinti ad acquerello, che egli realizza fino al 1932,
conservandoli gelosamente, lavori giovanili che verranno esposti in
occasione di questa importante retrospettiva a Stuffione,
denominata: “Ritorno a Stuffione” e che si svolge nell’ambito
dell’evento artistico e culturale: “STUFFIONARTE”, organizzato dall’ass.
“la Bottega degli Artisti”.
Andrea dunque fin da bambino ama dipingere, vorrebbe continuare, ma
non può dar corso al suo impulso, per far fronte alla necessità di
assicurarsi un materiale mantenimento che solo un mestiere diverso e
più redditizio avrebbe potuto garantire. Scelta difficile e
sofferta, la sua, un voltare le spalle ad una predisposizione, fino
a quando finalmente.. ,
Il 16/07/1934 Bertelli si trasferisce nella dotta città di Bologna
ove maggiori erano le possibilità di lavoro e nel 1940 inizia
l’attività che ne condizionerà tutta la vita, compreso quella
artistica, viene infatti assunto come aiuto Macchinista a Vapore
nelle Ferrovie dello Stato, poi nel 1941 presta servizio militare,
quindi dal Febbraio 1942 al Maggio 1943 è comando come soldato nel
Fronte Orientale (Russia). Nel 1944 finalmente conclusa l’esperienza
militare e superate le brutalità della guerra, può riprende il
servizio nelle ferrovie dello Stato, per conseguire nel 1951
l’abilitazione come Macchinista alla guida di macchine elettriche,
nel 1968 l’abilitazione alla guida dei treni veloci, in questo
stesso anno sicuro di aver raggiunto la sperata sicurezza economica
riprende finalmente a dipingere nel tempo libero e poiché si dice
che nulla avvenga per caso, le prime ispirazioni derivano dal suo
viaggiare in lungo e in largo per l’Italia e dai tanti personaggi
incontrati ogni giorno. Nel 1972 cessato il lavoro nelle ferrovie
per pensionamento si immerge completamente nella pittura, volendo
recuperare il terreno perduto, con la ferrea determinazione di chi
deve colmare uno svantaggio. Ma Andrea non intende essere un
semplice pittore, vuole essere interprete del proprio tempo,
conoscere il mondo dell’arte, conquistarne i linguaggi, di qui
importanti esperienze come quella del 1977/78 a Berlino Ovest, ad
eseguire (murales). Dal 1966 due suoi dipinti di grandi dimensioni
fanno bella mostra nella stazione di Bologna Centrale, presso la
sala di attesa “Torquato Secci”, sono “Omaggio a Guglielmo Marconi”
di cm. 347x200 e “Pensando a Morandi” quest’ultimo un omaggio
all’amico Giorgio Morandi di cm. 347x200. L’importante realtà
cittadina di Bologna consente a Bertelli l’avvicinarsi e
confrontarsi con tantissimi artisti di spessore, non solo del
passato ma anche contemporanei, basti citare oltre al Bolognese
Giorgio Morandi a Virgilio Guidi, Renato Guttuso o Remo Brindisi (il
famoso pittore di Lido di Spina, ove ha la sua casa museo), come più
recentemente del noto artista Concetto Pozzati. Bertelli in diverse
occasioni non manca di proporsi all’estero, come nel 1984 a San
Paolo del Brasile (galleria Italia) o a San Bernardo Do Campo –
Brasile, Galleria Comunale, ed anche a Tokyo, all’Arte Expo ’85. Del
1985 è poi l’opera omaggio al S.S. Paolo Giovanni II°, e sempre
nello stesso anno lo troviamo attivo a Bologna – Stazione Centrale,
ma ancora nell’’86 è presente con sue opere a Hong Kong , poi New
York (Art Expo), dove ritornerà nel 1994, in occasione della
rassegna di arte contemporanea Bologna – New York – Sessanta artisti
a Spazio Italia. Oggi Andrea Bertelli espone a Stuffione nella sua
terra di origine, ritorna al ricordo degli anni giovanili trascorsi
in questi luoghi, ripercorre a ritroso la sua avventura di uomo e di
artista e per l’occasione dona al Comune di Ravarino ben 9 opere ad
olio, alcune di grandi dimensioni e 11 litografie. Alla soglia degli
87 anni Bertelli non ha perso la verve e la sua determinazione,
continua l’attività artistica perchè è ciò che da sempre ha voluto
fare nella vita, il modo migliore per esprimere il dettato
interiore, per essere interprete protagonista nel panorama dell’arte
contemporanea, come tale si presenta qui a Stuffione che si appresta
ad accoglierlo ed a tributargli gli onori di casa, che gli spettano
e che merita.
Riflessioni sull’arte di Bertelli
Ma chi è artisticamente Andrea Bertelli? Perché tanti autorevoli
critici ed importanti personalità della cultura e non solo, basti
pensare all’incontro con Papa Giovanni Paolo II°, si sono
interessati direttamente o per rimando al suo lavoro?.
La risposta a mio avvisto è rintracciabile nella ricetta di base utile
a rendere l’uomo anche artista: Attenta ricerca introspettiva
dettata da emotiva sensibilità, piacere nel cogliere con arguzia di
linguaggio la dialettica del pronunciamento cromatico, la
considerazione attenta del contesto in cui si vive per coglierne il
reale portato per farne emergere le contraddizioni, il confronto con
le tendenze dell’arte tanto trascorsa che contemporanea.
In Bertelli non manca nulla di ciò, ma molto vi è da aggiungere: la
cifra artistica che Andrea Bertelli esprime deriva da
imprescindibile esigenza di vita, un sogno giovanile protetto e
cullato negli anni, da trasformare in realtà in quanto emergenza
interiore, legata a istintiva sensibilità, il tutto canalizzato da
una formazione da autodidatta, ma intensamente esperita nel gettito
propulsivo della passione.
Il discrimine prioritario che fa di Bertelli un artista ricco di
proposizione è la curiosità. Egli si muove con disinvoltura fra
tecniche e stili, tanto da essere realista, ma anche espressionista
o simbolista all’unisono, per poi ritrovarsi surrealista e
metafisico, fino a liberare in alcune opere forme attinenti alla pop
arte per poi ritrovarsi naif per alcune opere legate certamente
anche al periodo di vita trascorso a Stuffione ed al sentimento di
amore e rispetto per la natura tipico della cultura contadina.
Dunque siamo di fronte ad una poliedricità che fa di Bertelli un
attento osservatore dei movimenti artistici del suo tempo che egli
ripercorre con capacità di interprete, proponendosi con un proprio
definito stile.
Tuttavia fra i mille riferimenti, mi pare di poter ritrovare il
Bertelli più autentico ed originale, quando analizza con la sua arte
gli sguardi, i volti dei passeggeri incontrati per caso nei tanti
viaggi, sui suoi amati treni, sempre colmi di umanità in perenne
movimento. Sguardi da cui traspare l’intensa umanità di vite
ordinarie ed al contempo straordinarie, che Bertelli descrive con
purezza e semplicità di linguaggio uniche, opere che emozionano,
creano immedesimazione, pathos, assumendo non di rado ruolo di
denuncia sociale. Vite difficili avvinte dalla necessità del
viaggio, ove poche sono le certezze del presente rimanendo solo un
debole carico di speranze, un viaggio che anche Andrea ha dovuto
come tanti sostenere per affrancarsi dalle necessità materiali e
poter finalmente abbandonarsi al richiamo dell’arte. E’ bello,
intenso ed importante il Bertelli surrealista, che nulla ha da
invidiare al Belga René Magrit che l’artista ha attentamente
studiato ed ammirato. La sua proposta surrealista non di rado si
appropria di slanci metafisici di cui De Chirico fu maestro
indiscusso ed inventore, quella pittura che va “al di là” delle cose
reali, nata a Ferrara in un’ospedale militare nel pieno della
seconda guerra mondiale dall’incontro di Giorgio De Chirico e del
fratello Alberto Savinio con Carlo Carrà e Filippo De Pisis. Nasce
in quel luogo in quel momento storico un’arte di pensiero da opporre
all’attivismo dinamico del futurismo, che faceva dell’azione, della
velocità, il suo baluardo, volendo altrimenti creare situazioni di
stasi e riflessione. Bertelli ha vissuto quel periodo, ben conosceva
quegli artisti le loro motivazione, percorre alla sua maniera quella
riflessione per poi farla interagire con visioni di nuova concezione
che lo allineano con artisti quali Concetto Pozzati, ma con preciso
intendimento di far avanzare un’analisi personale ed articolata
delle inquietudini dell’uomo moderno. Bertelli sorvola le
transavanguardie, tranne forse qualche riferimento con Mimmo
Paladino, va oltre il recupero della pittura, denuncia le incognite
del nostro tempo, i difficili equilibri da sostenere alla ricerca
del senso della vita, come bene si evince nell’opera “vivere” del
1995, che vede una donna di profilo tenere un’ esile alberello
appoggiata con un solo piede, con posa elegante sul globo terreste,
opera che descrive con simboli l’importanza del femminile a
simboleggiare madre natura, ancora ben salda al suolo, ma in
equilibrio precario, una natura da proteggere da custodire quale
madre fedele ed instancabile di tutti noi.