Profilo biografico
Aurora Manfredi è nata e cresciuta in lucchesia.
Un'innata passione per i colori la conduce a frequentare i corsi del Liceo
Artistico, dove si diploma.
Dipinge da oltre venticinque anni e oggi ha raggiunto il limite dell'orizzonte
paesaggistico: un passo più in là e saremo in piena astrazione.
Spesso i suoi dipinti sono parte di una orografia interiore, per questo il tasso
creativo di Aurora Manfredi è piuttosto alto e sempre legato a fattori
emozionali e di evinzione nei confronti del circostante.
In pratica, anche per carattere, non è la pittrice delle opere fatte in serie e
questo contribuisce a contraddistinguere i suoi dipinti.
Gli occhi dell'anima
Gli artisti dipingono con gli occhi, la mente e il cuore. Dipingere è sempre un
celebrare qualcosa, e avere un appagamento estetico e spesso anche emozionale.
Un bel dipinto quindi, nutre vista, pensiero e cuore. E qui restiamo nei
confini, nei limiti dell’umano. Ma nell’uomo c’è anche qualcosa d’altro,
qualcosa di più del tangibile e dell’emotivo: c’è l’Anima.
L’Anima che, evitando di addentrarci in temi di religiosità, è l’essenza e la
sublimazione dell’uomo. Ebbene, certi dipinti, per non dire quasi tutti, di
Aurora Manfredi mi hanno fatto pensare, ed è la prima volta, ad una ispirazione
che viene direttamente dall’anima: la Manfredi guarda e propone con gli occhi
dell’anima. Ed ecco quindi lo smaterializzarsi delle cose, soggetti che
magicamente si disfano senza decomporsi: un’evocazione pura, appena visibile,
appena palpabile.
E’ troppo “umana” la materia per Aurora Manfredi, e allora lei la filtra, esegue
un processo di rarefazione infinitesimale e assoluto, spiritualizza il materico.
E’ un espressionismo sui generis il suo, niente a che vedere con la ricerca
emozionale esasperata di tanti interpreti di questa forma di arte figurativa:
lei non cerca e non vuole una platealità d’espressione. Qui siamo oltre e al di
sopra dell’emozionalità corporea, sentimentale e anche mentale: l’anima in fondo
è pura essenza, ben al di sopra della sfera dell’umano.
I suoi dipinti spesso rasentano la monocromia, tutto è e deve essere rarefatto,
aereo, appena percettibile: divino quindi. Ed è per questo che queste opere sono
straordinariamente appaganti, un meraviglioso lenimento del problema vita, un
distaccarsi, in alto, dal quotidiano tattile e rugoso. Paradossalmente, ma non
troppo, nel guardare i dipinti di Aurora Manfredi, il mio pensiero si volge alla
grande arte bizantina del XII° e XIII° secolo a quegli artisti che attraverso la
linea purissima delle loro icone cercavano l’anima per dare a questa
un’espressione e per usufruirne. Aurora Manfredi è andata oltre, ha “catturato”
l’anima e utilizza quegli occhi per guardare e descrivere le cose, la vita, il
mondo.
Una luce crepuscolare accende sulla tela quella che è una «visione interiore»,
di luoghi, cose, fatti, sempre palpitanti nell’anima come lo sono i sogni e le
illusioni. La pittura, per Aurora Manfredi, è un viaggio nella memoria, un
concerto di liquide emozioni, che assumono la forma e la consistenza del colore,
nel segreto riproporsi di un incantesimo antico come gli uomini. Quanto vibra,
alle fondamenta dell’immagine, con moto sussultorio, è un respiro affannoso che
intende partecipare, sottovoce, verità a lungo taciute e lirici abbandoni.
Quelli che indoviniamo abitare Aurora ogni volta che si trova davanti al
cavalletto, nella magica solitudine di momenti un tempo, forse, solo
vagheggiati.
Giovanni Faccenda
Tre sue opere si trovano nella Galleria d'Arte
Contemporanea Chateau des Réaux in Francia di proprietà del poeta ucraino Yehen
Yukhnytsya.
Le opere dell'artista Aurora Manfredi non sono un
confronto speculare della realtà, ma una relazione allusiva a luoghi interiori,
che divengono il punto da cui si genera la volontà di scartare soluzioni troppo
rappresentative a favore di evanescenti trame autosignificanti, che si
definiscono sul piano concreto ed oggettivo della superficie pittorica, la quale
si rivela come forma e contenuto, tramite una tecnica libera, quasi
espressionista, ma legata ad una matrice dal deciso sapore romantico. Il quadro
diventa oggetto nel quale emerge in maniera significante la voglia di rendere
visibili spazi e atmosfere come dimore delle emozioni, luoghi da cui hanno
origine i sentimenti, ma anche l’impeto creativo fatto di forza puramente
emozionale, capace di tradurre la realtà visiva in una sorta di realtà emotiva.
Nei dipinti della Manfredi lo spazio si muove e libera se stesso dentro a
turbinanti ed evanescenti vortici tendenti a risucchiare il fruitore e dove i
moti dell’animo, come in una centrifuga, si mischiano a quelli dell’artefice
mentre l’atto creativo si traduce in atto ri-creativo.
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