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L'artista Fabio Filippini presentato dal Dott. Franco Bulfarini

Fabio Filippini nasce a Torriccella di Monteggiana (MN) il 12-09-1949, frequenta l'Istituto Arti e Mestieri di Suzzara. Si avvicina alla pittura negli anni 70

Articolo critico del Dott. Franco Bulfarini Il critico d'arte Dott. Franco Bulfarini

Il montanaro - Opera dell'artista Fabio Filippini
L’amore per le montagne, l’amore per la natura è amore per la vita
 

La pittura dell'artista Fabio Filippini imita da subito la realtà, per poi travalicarla con una visione del tutto personale. La tecnica preferita è quella della pittura su tela. Negli ultimi anni conosce gli artisti Gerico, Siccardi ed Edi Brancolini.
L’ultima ricerca, quella recente sul colore è ispirata dal vedutismo misterico di Raffaello Ossola che tuttavia è tradotto e rapportato in modo del tutto autentico e personale con la sua visione naturalista.
Ultimamente ha iniziato una serie di lavori che traggono diretta ispirazione dai versi della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Particolarmente interessante una delle ultime opere “La tradizione nel futuro” dove per la prima volta ha inserito la figura nell’immagine di paesaggio, con esiti strabilianti.
Al suo attivo diverse personali, collettive e premi di pittura in particolare con l’opera “Confini” ha partecipato con successo ad un recente concorso d’arte a Bolzano.
Fra i suoi commentatori il noto critico ed artista Prof. Azeglio Bertoni ed il Prof. Arnaldo Maravelli, che ne hanno riconosciuto pienamente le doti umane ed artistiche.

Rocce e colore - Opera dell'artista Fabio Filippini
Filippini mette a nudo la roccia svelandola nel suo nitore, la depura da cespugli, od altri frammenti e elementi arborei, quasi a volerne sezionare l’essenza, per svelarne ogni piega, anfratto, pertugio o minima particella, rendendola più che vera, vivente, quasi da sembrare pelle umana raggrinzita dal tempo che incede inappellabile, suscitando in ciò un forte pronunciamento emozionale.
Ne scaturiscono visioni che aprono al sentimento di una veduta naturalistica certamente introspettiva, approdano evidenti in superficie sentimenti ed effusioni neoromantiche, imprigionate nell’onda impetuosa di versi poetici che prendono vita nei rarefatti istanti trascorsi ad alta quota.
Le sue vette sono scandite d’immensa poesia che coglie stati d’animo, parole mai dette o sottaciute, effusioni e rivolgimenti introspettivi, ma anche momenti estatici, pregni d’immenso ribollente piacere visivo. 
Pennellate forti, pastose, eppure soffici e velate, quasi a voler rendere visibile l’invisibile, cercando di far apparire substrati profondi dell’immagine, che solo l’occhio più attento può scorgere, svelando una diversa visione sotto l’apparire di superficie. Pittura dunque stesa con accuratezza, quasi maniacale, modellata, come potrebbe fare un sarto su un manichino metafisicamente statico. Pennellate dolci, rese idonee a seguire i percorsi impetuosi dell’animo, che nel confronto con la pace della natura ritrova in se una pace interiore ove svuotarsi di malesseri, inquietudini, contrasti mai pienamente sopiti. I monti dell'anima - Opera dell'artista Fabio FilippiniL’artista Filippini ci presenta una proposta originale ed al contempo una ricerca che rende incessante il dialogo con la natura, legato ad percorso di vita, dove il contatto con l’armonia delle amate vette alpine, si tramuta in un approdo visivo, ben oltre l’iconografico, che sa di umano, e diviene stucchevolmente piacevole per il cagionato incanto dei mille capricci visivi, che assumono intenso spessore vitale e danno fiato al soffio incessante del sentimento puro. 
 Ogni opera appare tappa, percorso, episodio da segnare nel taccuino personale dei ricordi o delle emozioni che derivano dai luoghi, ma soprattutto dagli stati d’animo che sono emolumento di fresche visione naturalistiche. 
Filippini segue con la sua pittura un percorso interiore di crescita, ove gli appunti presi in ogni scalata assumono connotato di episodio, che deve asservire ad un disegno più alto e significativo, che diviene arricchimento, afflato verso la libertà di un ribollente animo, da affrancare dalle durezze della vita e dalla morsa della condizione umana.
Nelle rocce Filippini, ritrova il fiume sotterraneo dell’umanità, ove l’iconografia naturalistica non è vera emergenza ma pretesto, assumendo chiara priorità il momento catartico rivolto al recupero dell’essenza profonda di quella che è o potrebbe essere la giusta dimensione del vivere. 
Se questo fino ad ora descritto è il Filippini che potremmo definire del periodo intimista, introspettivo e poetico, oggi con gli ultimi lavori, l’artista ritiene di dover aprire un nuovo capitolo, la sua nuova condizione, quello del dialogo con nuove tinte. 
Fondamentale per quest’ultimo pronunciamento cromatico ritengo sia stato l’incontro con importanti artisti contemporanei, quali Raffaello Ossola e Giuseppe Siccardi, dal primo coglie l’attenta ricerca cromatica, dal secondo il valore prospettico e la profonda visionarietà metafisica, ma qualche riferimento o richiamo mi pare vi sia anche per il Rocce da vicino - Opera dell'artista Fabio Filippinigrande artista spagnolo Salvador Dalì, che il nostro Fabio annovera da sempre fra gli artisti di sua preferenza. Contaminazioni importanti che hanno fatto breccia sul Filippini odierno, favorendogli quel processo di svolta artistica che da tempo ricercava. Questi incontri, con altrui modi di vedere, ne hanno acceso la fiammella dell’ispirazione, che prima avvinta su toni quasi Morandiani, ora si connota per essere felice scoperta del colore. Una svolta artistica non priva di rischi, ma che egli percorrendo con assoluta convinzione e sicurezza, quasi le sue montagne si fossero impossessate da un lato del senso di mistero e di equilibrata tensione e dall’altro della forza di vedute a volo d’uccello che meglio rendono tutta la forza della natura; di converso emerge il carattere stesso dell’artista che insegue una maturità già prossima dall’esser pienamente conquistata. 
Il tocco morbido, chiaroscurale e certamente intimista di cui Fabio Filippini è eccellente interprete ed estensore negli ultimi pronunciamenti pittorici, si rafforza della melodia del colore. 
Egli si confronta sempre con le montagne perché in esse ritrova l’essenza stessa della vita, la pace dell’animo, ma oggi lo fa con una gamma cromatica rinnovata ed immensamente estesa. Nelle scalate in alta quota cui spesso si avventura, l’artista ritrova se stesso. Un’amante della montagna che nel descriverla, per svelarne i segreti, gli angoli più remoti ed angusti, vi proietta la forza di una visione interiore preponderante ed evidente. Rocce e vette che assumono forme e contorcimenti tali da renderle al pari di esseri viventi, contenitori dell’animo, in cui l’artista può trovare nell’abbraccio della natura, vissuta e descritta, quella libertà che spesso nel nostro quotidiano viene tragicamente negata.

Cenni biografici
Fabio Filippini nasce a Torriccella di Monteggiana (MN) il 12-09-1949, frequenta l’Istituto Arti e Mestieri di Suzzara. Si avvicina alla pittura negli anni ’70, quando trasferendosi a Suzzara conosce alcuni rilevanti pittori: A. Calderoni e L. Polacchini. Egli è pittore autodidatta, i primi lavori naturalistici lo vedono interprete di vedute del fiume Po. Nel 1997/98 scopre la passione per le montagne iniziando un percorso come scalatore e da subito ne è affascinato, sentendo il bisogno di schizzare su un taccuino le scene che gli provocano maggiori suggestioni per poi rielaborarle in studio in altrettante opere di pittura. Oltre alle montagne non mancano vedute cittadine o di paese di tono realista pur in una limitata e ben collaudata gamma cromatica.