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Articolo critico del Dott. Franco Bulfarini
Il percorso artistico dell'artista pittore Sandro Manetti
Mi dice Sandro Manetti, che un giorno, quando frequentava la quarta elementare, rimase affascinato da un disegno: un’immagine di “Madonna”. Era un lavoro eseguito da un compagno di classe, che con grande capacità imitativa, aveva copiato l’icona sacra, da una stampa fornita dall’insegnante. Quell’episodio, apparentemente banale, come succede a volte nella vita delle persone, con particolare predisposizione e sensibilità, lo mise di fronte al dato interiore …
Già allora Manetti sentì, che l’arte gli apparteneva e avrebbe fatto parte della sua vita.
Ma, come si dice: “al destino non si comanda”, spesso siamo posti di fronte ad un bivio, ci viene chiesto di scegliere la strada da percorre. Il giovane Manetti preferì il certo all’incerto e decise di frequentare l’istituto tecnico minerario di Massa Marittima. Come biasimarlo se volle scegliere, forse anche per tranquillità della famiglia, una scuola che gli avrebbe fornito, con buona certezza, l’opportunità di inserirsi in un percorso professionale, tale da garantirgli una certa stabilità, con la possibilità di poter assolvere alle necessità economiche.
Sul fronte artistico si riscontrano comunque alcuni lavori giovanili, soprattutto disegni, ma che per un certo tempo dovrà abbandonare, poiché il lavoro lo porterà ad affrontare lunghi soggiorni all’estero, in luoghi lontani, quali le piattaforme petrolifere dell’Angola.
Dal 1979 al 1986 una pausa lavorativa permette al giovane Manetti, di conoscere la sua compagna Simonetta e di aprirsi al ruolo di padre, grazie alla nascita del figlio Francesco.
Questi fatti rimescolano le carte del destino e come vedremo lo riporteranno sulla strada interrotta dell’arte. Le necessità famigliari, infatti, lo inducono a ricercare un nuovo lavoro, meno disagevole ed a stabilirsi definitivamente nella sua amata Toscana. La raggiunta tranquillità di affetti e la stabilità economica, inducono il nostro artista a guardarsi dentro, nel tentativo di ricercare ciò che nella vita è mancato per troppo tempo, l’arte. E’ del 1982 il ritratto del nonno a carboncino, poi nel 2003 il ritratto della nonna materna, ad acrilico su cartoncino, opere eseguite per lasciare ai posteri un ricordo di questi forti affetti famigliari. Poi il ritratto del figlio, per festeggiarne il giorno del 18 anno di età. Il nuovo lavoro intrapreso, la stabilità famigliare acquisita, consentono al nostro artista, più ampi margini di tempo libero, per dedicarsi alla sua passione primaria, la pittura. Al contempo non disdegna di tanto in tanto cimentarsi nell’antica arte dell’intaglio del legno, per decorare balestre (attività tradizionale della sua zona di residenza), Manetti poi si cimenta, di tanto in tanto, nella scrittura di versi poetici, per guardarsi dentro, confrontandosi con i propri stati d’animo, pulsioni interiori, che indaga anche come istruttore di Karatè (arte marziale che insegna l’autodifesa per poi divenire ricerca del proprio equilibrio, divenendo insegnamento a diventare forti nel carattere, per acquisire consapevolezza, gusto della vita, capacità di sorridere e di lavorare con impegno, nel rispetto degli altri). La spinta decisiva ad evolversi sul sentiero dell’arte è del Febbraio 2006, quando sospinto dall’incoraggiamento di amici ed estimatori, si propone nella prima personale a Massa Marittima in provincia di Grosseto. Il riscontro è favorevole ed il plauso ampio da parte di tanti estimatori. Decisivo è il contributo di un collezionista d’arte, nonché amico, che intravedendo, nel visionarne le opere, la forte carica espressiva e le palesi potenzialità artistiche, lo sollecita a far sua l’urgenza dell’arte, con pienezza d’intenti. Quel filo lungamente interrotto si è saldato. Quel fiume sotterraneo, tenuto a lungo imprigionato, si è fatto largo fra dure rocce che la vita spesso impone, per riemergere tumultuoso e fiero in superficie. E’ un fiume di sentimenti inespressi, sopiti, quiescenti e bisognosi di dar voce a quella che appare essere una ribollente ed ingovernabile passione. Oggi la sua personale, in quel di Cavezzo (MO), in connubio con le poesie dell’artista Antonella Laschi, dà conto di tutto ciò. I tempi del ragazzo sono trascorsi, siamo di fronte all’uomo ed all’artista, entrambi decisi a farci abbracciare tangibili emozioni, che dalle tele del pittore si trasportano come un dono fino al nostro animo.
Manetti ha raggiunto padronanza della tecnica della pittura ad olio, la predilige ed in questa mostra di Cavezzo, ci dà conto del suo mondo, ci esibisce i suoi paesaggi, le sue prospettive interiori, per nulla banali, forse perché forgiate in anni di solitudine lavorativa, vissuti sulle lucide piattaforme petrolifere, a scrutare orizzonto lontani, per rintracciarvi idee o sensazioni o solo per risvegliare un’emozione. Quello di Sandro Manetti è un cammino appena intrapreso, ma da sempre meditato e percepito come possibile, perché l’arte fa parte del suo D.N.A.
Lo slancio cromatico ed il vigore morale di un pittore toscano contemporaneo
Manetti pittore, sorprende per la facilità con cui assolve con
immediatezza e risolutezza d’intenti, all’esecuzione di molteplici
tematiche. Egli vaga in modo, potremmo dire indiscriminato, ma al
contempo attento, riflessivo e convincente, fra poetiche
rappresentazioni del mondo, di richiamo neo romantico e visioni di
intrinseca percezione metafisica, se non con intento surreale. Poi
dimostrando tutta la sua verve di artista creativo e poliedrico, in
altri lavori, tende a dar maggiore rilievo allo slancio cromatico,
che lo porta ad un’indagine, si potrebbe dire, positivista e
razionale, tale da ricordare i modi che furono propri
dell’esperienza impressionista, particolarmente quando egli coglie
mirabilmente la luce che avvolge le forme, percorre le scene,
determinando il risultato ultimo della visione. Come poter poi
tralasciare il
rivolgimento al sentiero della rivendicazione sociale, tipico di
molte sue opere. Pare che Manetti sfidi la tela, dimostrando di
poterla vincere su diversi fronti e piani di pittoricità, senza per
questo abbassare la soglia di attenzione emotiva, mantenendo in ogni
confronto, egualmente alto tanto il dato tecnico che il portato
interiore. Egli si muove senza apparenti difficoltà fra pittura di
paesaggio, natura morta, interni con figure e finanche ritratto,
genere questo nel quale Sandro dimostra tutta la sua vena artistica,
nonché virtuosismo, riuscendo con capacità di sintesi, a carpire dai
personaggi, la specifica cifra interiore, cosa non facile, come ben
comprende chi è del mestiere. Questo artista che pure al momento si
muove nell’ambito circoscritto di una rappresentazione oggettuale,
dimostra di avere i numeri per poter travalicarne il limite. Manetti
si esprime con approccio disinvolto dimostrando consolidato
mestiere, se si considera che solo da pochi anni ha riabbracciato
con convinzione e pienezza d’intenti, la causa della pittura, prima
tralasciata per far fronte ad esigenze oggettivamente primarie, come
lo possono essere lavoro e la famiglia. Egli privilegia la tecnica
che gli è congeniale, quella della pittura ad olio su tela, volendo
nella corposità del colore e della materia trasmettere il suo
specifico “modus pingendi”, tuttavia non sono da trascurare le prime
esperienze ad acrilico legate all’ambito famigliare, ma certamente
di un tecnicismo a dir poco perfetto. Tuttavia la sua è un’arte che
non si riduce, come spesso accade, alla mera fase descrittiva, ma è
decisamente orientata alla declinazione di istanze interiori
molteplici, tanto si evince dalle sue opere. Manetti sa esprimersi
senza particolari patemi od esitazioni, pur scontando la
preparazione non accademica, che lo induce a maggior riflessione nel
confronto con la dimensione tecnico prospettica. Egli è sicuro,
determinato, certamente dotato di innata predisposizione, che lo
favorisce e lo stimola e gli consente di attingere da un ampio
ventaglio di possibilità espressive ed immaginifiche. Questa visione
ed analisi allargata del mondo che l’artista si è dato, non ne
limita il valore e la qualità della proposta, per chi ritenesse che
il troppo dilati la visione rendendola meno efficace, mi pare che al
contrario, di quanto si potrebbe banalmente supporre, l’artista si
valorizzi proprio per questa sua caratteristica che lo rende
interessante ed a volte anche sorprendente. L’essere poliedrici, non
tanto per la tecnica, già consolidata, di cui si è detto, ma per le
tematiche, non svilisce il progetto artistico e creativo, che anzi
si rafforza di tali molteplici esperienze, con esiti che potremmo
definire con una parola moderna proveniente da ben altre discipline:
“performanti”. Vi è nella rappresentazione pittorica di Manetti
l’esigenza di mantenere alto, il dato emozionale, giocando spesso
col mistero suggerito da immagini surreali, ove il sogno supera il
dato razionale ed assume netta prevalenza. Ma è in Manetti, anche e
soprattutto, impellente una necessità morale, che lo induce a fare
dell’arte ed in particolare della pittura, non solo un modo per
esprimersi ma: “la missione del dipingere ”. Questo appare sia
dall’essudato esteriore delle opere, che soprattutto per ciò che
emerge dal profondo, come urgenza interiore. Nell’arte di Manetti
tutti gli Ingredienti si rapportato ed interagiscono, ed è proprio
in ciò l’attuale composito stilema, pur non mancando certamente
ancora margine o spazio per ulteriori evoluzioni a cui riteniamo, la
continua ricerca intrapresa, presto vorrà e potrà far pervenire.
Se in molti artisti vi è l’esigenza di darsi confini precisi di
ricerca, ad una prima lettura, nulla di ciò traspare dalle visioni
manettiane, quindi nessun limite precostituito, nessuna prammatica
ripetizione concettuale, o intendimento meramente iconografico.
Manetti, che è attento conoscitore dei fatti dell’arte, non intende
soggiacere alle lusinghe del commercio e tanto meno intende legare
la sua arte a movimenti artistici del passato o contemporanei.
Nell’attualità della sua visione, l’artista Sandro Manetti, rifugge
classificazioni stereotipate, poiché è autentico il suo voler
affermare emozioni forgiate nel profondo dell’animo. Le esperienze
visive ribollono nell’interiorità dell’artista, che le assimila
quasi a voler metabolizzarle, per poi tradurle e recuperarle
all’esistenza visiva di superficie. La sua pittura interpreta un
complesso mondo interiore, e tanto basta. E’ questo che appare con
limpidezza dalle opere esposte. Egli raccoglie istanze interiori,
derivanti dalle esperienze di vita e le recupera alla luce del
cosciente, rilette e riproposte nel gesto semplice e spontaneo del
dipingere, con istintività, senza compromessi di sorta. Una visione
credibile, quella di Sandro Manetti, tanto da risultare non di rado
malinconica, ed in questa veste rivolta a percorrere sentieri di
struggente emozionalità poetica. Egli vuole comprendere e svelare la
realtà che lo circonda, col mezzo delle immagini dipinte, con la
naturalezza che gli è propria, con icone viste e meditate dal terzo
occhio, quello della mente, ma poi interpretate, con dolcezza,
svelate con sentimento, grazia, quasi potremmo dire:
“innamoramento”. Manetti non insegue, ad oggi, automatismi, o
percorsi astratti, ma si avvale di un segno ben controllato,
calibrato, corroborato dagli studi tecnici, da utilizzare con
determinazione, per traduce in verità le immagini, che impregnate
nel colore, ci rendono con forza nella fondata leggibilità
cromatica, fantastiche emozioni.
Egli opera con linguaggio libero da condizionamenti, volendo pervenire
per tale via, alla definizione di un nuovo riconoscibile e
persuasivo stilema. Compito dell’arte per Sandro Manetti è quello di
rendere, attraverso la visione immaginifica che gli è propria, non
solo una proiezione puramente estetico naturalistica, ma l’essenza,
la sostanza intima e profonda dell’emergenza visiva. L’indagine che
Manetti compie, si rivolge alla sfera cosmica propria del mondo
delle idee, che le cose sottendono, ovvero il contenuto oggettivo,
il valore intrinseco, di cui l’arte sola può farsi portatrice,
quando l’artista è autentico. Un Manetti dunque, che rifugge le
contaminazioni o speculazioni di carattere concettuale, per
perseguire con l’unico mezzo della pittura e quindi del colore
urgenze interiori, il sentito di un determinato momento, gli stati
d’animo e le pulsioni indotte dall’esperienza di vita. Il suo è
un’abbandonarsi ad una pittura estetizzante volendo adempiere
all’urgenza intellettuale ma pur anche sentimentale di fa rivivere
l’attimo, le pause, i silenzi del mondo naturale, ove si avverte
l’emergere quasi visibile di riflessioni profonde che attingono al
campo della “coscienza”, in quel sito della mente ove si scavano
valori, in cui credere, far credere o da affermare, ove ricercare
carpendolo nell’operosità del momento il senso della vita.
Ogni opera in Manetti si avvale di chiavi di lettura specifiche, ma
unitario è l’intento di rappresentare i mille stati d’animo
dell’artista. Lo vediamo quando si cimenta nel ritratto “dama con
velo”, ove l’incarnato quasi diafano, pare poi visto a debita
distanza, assumere un tono vellutato, a suggerire da un lato la
purezza del volto e dall’altro la nobiltà d’animo della persona e
quindi l’intrinseca regalità. La stesura elegante mi richiama alla
mente certi ritratti femminili del russo Boris Kustodiev
(1878/1927). Poi passando all’opera “la dignità”, tutto muta, a
prevalere è la pura emotività dell’immagine ed il dato emozionale
fortissimo, che accende note romantiche, elevate al cielo, per
raggiungere il cosmo più profondo e quindi ricadere sulla terra,
come fresche gocce di rugiada, atte a purificare un’umanità, che si
vorrebbe riscattata e vincente.
Nel paesaggio il discorso non cambia, si passa da “cavalli in
maremma”, ove questi magnifici animali muovono al galoppo, con
criniera al vento, nell’afflato di libertà, ed unitarietà con la
natura, a “mareggiata”, dove prevale il senso selvaggio di un mare
burrascoso ed inquietante, le cui onde si infrangono con violenza,
su scogli frementi. Qui l’artista pare voler esprimere un pervadente
senso di spaesamento, intriso di assoluta malinconia dell’essere,
proprio dell’uomo tardo romantico, che da sempre cerca riscatto,
nella lotta contro le avversità. Che dire poi di “amore”, un’opera
che incanta per slancio immaginifico, pittoricità e resa emotiva, di
questo “sentimento” che più di ogni altro fa girare il mondo. In
quest’opera Sandro si esprime con particolare virtuosismo, rendendo
quasi tattile, palpabile all’occhio la passione, grazie al gioco
illusorio, di volti che si compenetrano nell’abbandono catartico,
per poi innalzarsi al cielo con ali di farfalla, in uno slancio di
incommensurabile poesia. Osservando poi l’opera “l’acqua .. così
preziosa”, si evince che l’artista non si limita a dipingere, ma
imprime sulla tela con l’ausilio del pennello, i bisogni del mondo e
fra tutti la libertà, che è anche quella dei suoi cavalli galoppanti
sulle colline maremmane della sua Toscana. Egli pur ricercatore
d’amore, non si limita all’aspetto romantico, ma percorre il
sentiero del sociale, dove l’arte si traduce in moto d’animo,
assumendo forte connotazione di denuncia, delle tante istanze, che
la società non soddisfa. Ed ecco l’opera “burattino”, dove un’enorme
mano tira i fili di una marionetta umanizzata, in un gioco teatrale,
dove noi siamo protagonisti inconsapevoli, quando nel vivere
quotidiano, ci lasciamo più o meno consciamente controllare e
gestire, avvinti agli ingranaggi di oscuri meccanismi, certamente
più forti ed efficaci, in quanto subdoli e nascosti. Poi ammiriamo
“crisalide” dove la vecchiaia scopre dentro di se la giovinezza
inaspettata, dove il confine fra il passato ed il presente si
incontrano, dove solo la superficie, la pelle, non può essere
bastevole limite del dato umano, che riappare oltre l’incarnato,
solo si voglia guardare al di la della banalizzante superficie delle
cose, oltre la parvenza. Manetti dà valore all’uomo, non agli anni
trascorsi. L’uomo di Manetti non vale per quello che nel mondo
appare essere, ma a prescindere dall’età o dalla condizione sociale,
vale in quanto persona, per ciò che egli può offrire agli altri, in
quanto essere vivente, unico ed insostituibile.
Dunque è di ciò che con la sua pittura Manetti ci vuol parlare, di
contenuti, di umanità riscoperta o da riscoprire, di bisogni di
istanze più che mai odierne, contemporanee. Figurativo, sì, ma ben
oltre il banale incanto dell’immagine, ricercatore si, ma oltre il
semplice piacere visivo, od estetico, la sua è ricerca di valori,
che dall’ormai tradizionale mezzo della pittura, possono emergere
innovativi, quanto autentici e tanto più autentici quanto
indubbiamente oggettivi ed assoluti.
Da tutto ciò potremmo dire risulti una visione pittorica, che intende
superare l’imbarazzante qualunquismo di cui si nutre l’attuale
società dei consumi, pregna di materialismo, edonismo,
superficialità, dove più che il primato della ragione pare si voglia
raggiungere quello della follia.
Manetti recupera un sogno rinascimentale dell’animo, lo fa nel porre
l’uomo ovvero la persona, come centro d’interesse, come soggetto
principe, sia nei ritratti, che sotteso nei paesaggi, nelle nature
morte, in ogni sua opera anche se non rappresentato direttamente.
Un’umanità dunque sempre presente, espressa nei bisogni negati,
nelle istanze primarie da affermare.
Questo
artista ci rappresenta in ogni sua opera, soprattutto ciò che sente,
per far sentire, con l’ausilio di forme e colori l’amore ed il
rispetto della natura, che si deve necessariamente tradurre, in
rispetto per noi stessi, in definitiva per la vita. In questo
prodigarsi, di opera in opera, ci rivela con coinvolgenti approcci
visivi, passioni e sentimenti che ci sono connaturati e che spesso
sono relegati nell’oblio. In definitiva ciò che emerge dal fatto
estetico è il forte senso di umanità, quell’umanità che mi è parso
di scorgere in opere di grandi artisti, del passato quali ad esempio
Andrea Mantegna, nella famosa “Madonna con il Bambino addormentato”
(1455 circa), conservata a Berlino.
Dunque si riparte a parlare di Rinascimento, forse perché oggi è
quello che tutti attendiamo di veder sorgere, sempre più attoniti di
fronte all’arte contemporanea, che non utilizza più i modi della
pittura, divenendo non dico sempre ma frequentemente un mero e
sterile esercizio intellettuale, o tentativo di sorprendere o
stupire, rivolta di frequente a pochi eruditi intellettuali, sempre
più di nicchia, un’arte che non parla al cuore della gente di
strada, dell’uomo qualunque, che non si rivolge alla società,
esulando per scelta precostituita dalla necessità di infonde valori,
quasi che questi non esistano più e se questi vi sono non debbano
essere resi comprensibili, debbano essere taciuti o peggio non
debbano essere alla portata di tutti e quindi siano resi tali da
risultare inefficaci.
Forse non è compito dell’arte esprimere giudizi, alzare il pennello
sulle problematiche sociali, certamente non è precipuo di questa
disciplina, ma è bello pensare che lo possa essere, almeno in
parte.
Ritornando al percorso artistico di Manetti per valutarne appieno
l’approccio tecnico, possiamo rilevare come le cromie di cui si
avvale nelle sue opere abbondino di tonalità piene, ricche di
pigmento, tranne che per gli incarnati, che l’artista preferisce
mantenere delicati, tenendo più a suggerire le forme, che a volerle
esternare con la tecnica chiaroscurale, in tal senso legandosi ad
una visione moderna, che ha scoperto la fotografia, il computer,
l’immagine giornalistica.
Egli da un lato si riappropria dei modi della pittura toscana, propria
del primo rinascimento, ma lo fa sentendosi sulla pelle tutto il
passaggio storico che si dirama dagli impressionisti, alla pittura
di “macchia” e che in un percorso tortuoso ma avvincente che
attraversa il simbolismo, il surrealismo e le ultime avanguardie,
porta fino alla attuale fase di decostruzione dell’immagine, che
trova radici profonde in Piero Manzoni e Lucio Fontana, fino al
superamento della materia cromatica tradizionalmente intesa, che di
fatto rifonda stravolgendolo quello che per secoli è stato il senso
estetico dell’arte.
La ricerca che Manetti compie, riprende dalla pittura intesa come
tale, un ritorno al pigmento ed all’immagine leggibile, per
affermare la necessità di essere semplici, al fine di ritrovare un
senso nell’arte che oggi più che mai pare sfuggente ed
incomprensibile ai più e sempre più legato a fatti eclatanti, come
impacchettare monumenti o impiccare manichini. La sua pittura si
svela nella purezza espressiva, il colore vive di cromie primarie,
quasi spremuto dal tubetto si estende sulla tela come aria fresca,
pulita su biancheria lasciata ad asciugare al vento, ove a prevalere
è una brezza lieve, piacevole che emette fragranza di autenticità,
profumo di primavera e tanto può bastare a riaccendere la speranza.