Pitture e artisti |
Leggi altri articoli della dott.ssa Anna Rita Delucca:
Il terzo occhio nella pittura di Anna Maria Guarnieri
Loretta Loiacono, pittura, poesia e meditazione
I fiori di Fiorenza Righetti: rigoglio di vita, attesa di morte
Nicoletta Spinelli - La natura dipinta come prospettiva fotografica
Il velato Realismo Magico di Giampaolo Ghisetti
La 'strana' storia dell'Orfismo dalla mitologia antica all'arte moderna
Ruggiero Bignardi e l’arte del pastello
TRANCA arte e istinto informale
Silvia Boldrini - Pittura digitale
Patrizia Pacini Laurenti e il fascino dell'acquerello
Massimo La Volpe e il naturalismo intimistico
La pittura astratta di Dolores Prencipe
Lo sanno anche i sassi che il Natale ...
Articolo del critico d'arte Anna Rita Delucca
I bambini degli anni sessanta
Chi è stato bambino nella seconda metà degli anni Sessanta, ricorda la gioiosa
atmosfera di casa in attesa del Natale; per mano a mamma e papà,
si andava alle
bancarelle ad acquistare le statuine del presepe, l’albero e gli addobbi.
L’albero era importante perché sotto le sue fronde, Babbo Natale avrebbe
risposto i tanto agognati regali che la letterina, scritta a mano, aveva
richiesto con largo anticipo.
Chi appartiene a quella generazione ricorda bene: tutta quella fatica nel
tentativo (spesso mal riuscito) di comportarsi bene durante l’anno, le ‘minacce’
di ricevere il carbone nella calza della Befana, la notte del 6 gennaio.
Fino all’età di almeno 7/8 anni, molti restavano seriamente convinti che Babbo
Natale, viaggiando in un calesse trainato dalle renne e la Befana a cavallo di
una scopa, scendessero giù dal camino. Sì, certo, ma chi lo possedeva più, un
camino? A quel tempo si viveva quasi tutti, dentro comodi e caldi appartamenti a
cui non mancava nulla … nulla tranne che un camino!
Era bello crederci
Eppure era bello crederci. Quanta felicità, che gran piacere si provava a stare lì, nel tepore della famiglia, a costruire il presepe con casette, palmette, pastori, cammelli: e poi il muschio vero, con quel suo profumo intenso di bosco; a dare il tocco finale, una bella striscia di cielo stellato, ritagliato dal rotolo di carta blu-notte, acquistato dal cartolaio sotto casa e appiccicato al muro, con lo scotch trasparente (poi ogni giorno, ti toccava riattaccarne un lembo che, dispettosamente, si staccava).
Si era bambini, ingenui, certo, ma ci si divertiva, si credeva nelle fiabe, ma quei momenti sono rimasti vivi nel ricordo di chi li ha vissuti e ancora oggi li porta con sé, nel suo cuore ormai disincantato e corazzato.
Erano altri tempi
Erano altri tempi: nel primo ventennio del Duemila, le abitudini sono cambiate, gli stili di vita e gli assetti familiari mutati, vige la multi-cultura, la pluralità religiosa, i flussi migratori che dagli anni Novanta ad oggi, si sono riversati nella società occidentale portando con sé, i propri usi e costumi.
Anche il nuovo pensiero scientifico sta mutando ulteriormente le convinzioni della società, su chi siamo, da dove veniamo e quale sia la nostra meta. Tutto è in corsa propulsiva verso il progresso tecnologico: un incessante movimento paragonabile alla stessa frenesia di progresso industriale, che imperò dei primi vent’anni del secolo scorso. Pare quasi un ripetersi della storia, a distanza di cento anni esatti. Auguriamoci che non si ripetano i risvolti negativi, come nella Seconda guerra mondiale, perché purtroppo, osservando l’attuale crisi economica, le liti politiche, gli assalti alle risorse, qualche vago parallelismo sorge spontaneo.
Il paradosso degli anni venti di questo millennio
Ma il paradosso di questi anni Venti del nuovo millennio e dei suoi cambiamenti, consiste nel festeggiare il Natale quasi ignorando il reale festeggiato; in fondo, chi celebriamo il 25 dicembre? Eh sì, perché si tratta di un compleanno: e allora, è mai possibile che mentre ci scambiamo regali, decoriamo alberi e ci abbuffiamo di panettoni, solo alcuni di noi pensino al vero festeggiato?
Spesso si sente dire: “Il Natale di oggi è laico, tutti festeggiano, non occorre più pensare alla nascita di Gesù, lo fanno solo i cristiani, oramai” oppure: “Il Natale è una festa divisiva, perché non riguarda tutte le religioni che oggi, si incrociano grazie alla multi-cultura su cui la legge fa prevalere la laicità”; o ancora, il nuovo mantra ripetuto ‘a pappagallo’ da certi soggetti pseudo-acculturati: “Anche i sassi lo sanno che Gesù Cristo non è nato il 25 dicembre! La chiesa ha seppellito una ben più antica tradizione pagana del Dies Natalis Solis Invicti” – e via così, con una lunghissima tiritera il cui scopo finale, è di voler convincere la gente che il Natale sia solo una antica leggenda per illusi e sognatori.
Lo capiscono anche i sassi
Ebbene sì, occorre dirlo: anche i sassi capiscono che per qualcuno, è educativo ed eticamente corretto, scardinare la sacralità del Natale e laicizzarne del tutto, la festa. Infatti secondo questi geniali innovatori del costume (spesso cristiani ‘convertiti’ all’ateismo o laici zelanti) ciò che conta è solo questo. Di Gesù non ne parlano proprio. Ma non è assurdo festeggiare un compleanno senza tener conto di colui che gli anni li compie?
Siccome a tutti piace far festa, si addobba l’albero di Natale, si scambiano regali, si preparano cenoni, per accontentare tutti, anche i musulmani, non tanto con l’intento di coinvolgerli, ma perché qualcuno teme che possano offendersi nel festeggiare una ricorrenza che non li riguarda e così l’ipocrisia abbonda.
Lo sanno anche i sassi che gli islamici sono indifferenti al Natale e di certo, non si sentono offesi da questa ricorrenza: ben consapevoli di vivere in paesi che hanno delle tradizioni, essi auspicano il riconoscimento della propria religione anche in Occidente e ad avere moschee dove andare a pregare.
La tradizione del Natale
Chi polemizza con la tradizione del Natale, forse cerca di espandere l’idea che i cattolici dovrebbero celebrare la ricorrenza religiosa in casa
propria, facendo il presepe in silenzio, smettendo di esternarlo al mondo laico, come accade in
qualche scuola dove puntualmente, a dicembre, sbuca fuori qualche zelante maestrina che non vuole sbilanciare l’equilibrio dei bimbi musulmani, nell’ assistere alla ‘traumatica’ vista della sacra famiglia con Gesù, Giuseppe, Maria o di quei due poveri animali, il bue e l’asinello, sfruttati, sempre lì ad alitare, giorno e notte, per scaldare la mangiatoia del Bambinello che, oltretutto, non è neanche nato il 25 dicembre!
Con questa ipocrisia, si è riusciti ad intaccare una delle feste più belle dell’anno, dimenticando che il Natale, prima di tutto è la festa della pace, dell’amore, dell’unità tra le persone e dell’accoglienza (Maria partorisce in una terra che non è la sua).
Per comprendere il valore di una tale ricorrenza, basterebbe ritornare indietro, alla Prima guerra mondiale, quando nel 1914, i soldati tedeschi da un lato, quelli britannici dall’altro, tra loro nemici sul fronte occidentale, decisero spontaneamente, di darsi una tregua. Un cessate il fuoco, non ufficiale, inaspettato, uno scambio di auguri e canti natalizi di pace, partirono all’improvviso, dalle rispettive trincee. Anche questo può accadere a Natale.
Lo sanno anche i sassi
E allora perché, oggi, qualcuno fa annichilire questa festività, sminuisce l’emozione dei bambini, polemizza ogni volta che arriva il 25 dicembre?
Contrariamente a quanto si possa pensare o credere, quella di Cristo è una figura che non cesserà mai di attrarre l’attenzione su di sé: infatti accade tuttora, a distanza di più di duemila anni.
Dunque è del tutto normale che continuiamo a discutere, a ricercare, a schierarci o a dissentire ma non potremo mai ignorare la figura di Gesù: sarebbe una partita persa in partenza.
Questo è sicuro, lo sanno anche i sassi.