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Opera dell'artista Gianluigi Bianchi

 

Gianluigi Bianchi
Biografia e opere dell'artista

In Gianluigi Bianchi, la stesura della materia pittorica, i colori vivaci, più spesso violenti, sono la dichiarazione allarmata sullo stato del mondo.

Opera dell'artista Gianluigi Bianchi


Gianluigi Bianchi un ritrovato espressionista fiabesco

Dott. Dorian Cara - critico e storico dell'arte Articolo del critico e storico dell'arte Dott. Dorian Cara

Una recente scoperta di 518 opere, in una anonima soffitta milanese, ha messo in luce l'attività di un artista ancora forse non del tutto conosciuto, ma che, attualissimo nei temi, è certamente da rivalutare nel più ampio panorama della pittura italiana della metà del XX secolo. 
Gianluigi Bianchi, nato a Milano il 17 agosto del 1912, compie gli studi all'Accademia di Brera col maestro Aldo Carpi, ma la poliomelite e il carattere mite, schivo e umilmente riservato, segneranno però la sua attività artistica, allontanandolo dai fermenti culturali dell'arte milanese degli anni '50 e '60.
La sua, quindi, sarà una produzione cospicua, stimata in quasi 1000 opere tra dipinti e disegni, quasi del tutto celata tra le mura domestiche, se si tralasciano alcune importanti esposizioni: a Milano alla fine del 1942, con una personale presso la Galleria Borgonuovo, nel febbraio del 1950, in una collettiva, presso la "Saletta del Disegno", e nel novembre del 1955, ancora con una personale presso la Galleria Schettini, presentato dal suo maestro Aldo Carpi. Nel 1962, espose a Mantova, alla Galleria "La Gonzaghesca", con presentazione critica di Spartaco Balestrieri, riscuotendo un notevole consenso di critica e pubblico, come testimoniano i diversi articoli pubblicati sul Corriere Lombardo, la Gazzetta di Mantova, il Resto del Carlino. Opera dell'artista Gianluigi Bianchi L'ultima esposizione fu a Lerici nel 1963.
Morì a Chiavari il 20 marzo 1973. Sue opere si trovano in numerose collezioni italiane e straniere, fra tutte è da segnalare il corpus di 126 opere donate nel 2007 dagli eredi alla Fondazione Don Carlo Gnocchi di Milano.
Gianluigi Bianchi fu attento e costante indagatore dell'animo umano nelle sue pieghe più intricate, attraverso uno stile pittorico figurativo teso alla ricerca di cromie forti e contrastanti, influenzate dall'espressionismo di Ensor e dai fiabeschi temi di Chagall. Nel suo percorso artistico emerge un tormento interiore, talvolta lacerante, espresso nei fantasmi di Morte, nell'allegria di fluttuanti danze macabre, nei segni diabolici provenienti dal cielo, nei maestosi Giudizi divini, temi questi espressi in un monito di redenzione per se stesso e per gli altri, gridato con terrore apocalittico e con cromie accese.
D'altra parte l'iter creativo è ispirato dai paesaggi del levante ligure e del Lago Maggiore, dove nei lunghi soggiorni, ritrova quella serenità dal dramma esistenziale in un riscatto dell'anima, e in una ricerca semplice della purezza del quotidiano, attraverso la natura della campagna, le vedute collinari primaverili, le tradizioni religiose, i ritratti di parenti e amici e la curiosità per i sereni relax di bagnanti al mare.
In Bianchi, la stesura della materia pittorica, tramite per il sogno, i colori vivaci, più spesso violenti, sono la dichiarazione allarmata sullo stato del mondo, del disfacimento morale e di una concreta esigenza di salvazione. Sofferenza interiore e conseguente riflessione sull'umano, generano da una parte figure macabre dalle sinuosità seducenti e proiezione di una realtà celata ma drammaticamente presente e dall'altra meditativa catarsi, ricercata nelle confortanti e sicure immagini della natura insieme ai propri cari. 
Dal maestro Aldo Carpi, in particolare, Gian Luigi Bianchi si può dire che abbia appreso, oltre che la tecnica pittorica, anche una sapienza nel narrare ed esprimere la gestualità dei suoi macabri e lugubri personaggi, forse in parte ispirati dalla visione dai disegni che poi avrebbero costituito il toccante "Diario di Gusen" (pubblicato solo nel 1972), nel quale Aldo Carpi ha raccontato con drammatica scarnezza le figure del campo di prigionia tedesco nel quale fu rinchiuso per circa un anno.
Si ritrova in diverse opere di Bianchi l'ispirazione ai medesimi cenci umani scheletrici ed inanimati che danzano al cospetto della Morte: paradigma di una umanità sofferente che, in tempi assai diversi dalla guerra, è nuovamente ricaduta in una dannata malvagità.
Alla Morte e al suo danzare si fondono nella pittura di Bianchi altri due filoni: gli animali e le iconografie veterotestamentarie. I primi, spesso, sono descritti come corpi inermi, mutilati e sanguinolenti, che inanimati riempiono il foglio di carta esprimendo una sconfortante caducità dell'essere. I racconti biblici, diversamente, evidenziano energicamente il desiderio di redenzione del pittore, attraverso esempi potenti e pieni di energia.
Al contempo, la ricerca per la semplicità quotidiana e la verità dell'esistenza, fatta di affetti e panorami pieni di serenità, sono la giusta ricompensa inseguita e desiderata alla costante sofferenza interiore.
In tutta la pittura di Gianluigi Bianchi prevale un silenzio urlato con dolore, animato da uno slancio ed una tensione all'Aldilà.



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