|
LA
SCULTURA DI VINCENZO PERINZANO
Dalla materia alle forme e viceversa
di
Gerardo Pecci
La
ricerca plastica di Vincenzo Perinzano è certamente originata dalla
propria terra natia: Vietri sul Mare, in provincia di Salerno, il
primo paese della “divina” costiera amalfitana, che ha tanto
ispirato artisti e poeti di tutti i tempi. Fin da piccolo egli ha “respirato”
la cultura, la civiltà, l’arte e l’antica sapienza dei maestri
della ceramica vietrese, assimilandone forme e contenuti, vivendo fino
in fondo tutta la tradizione coroplastica improntata da una dimensione
mediterranea che è unica al mondo e per questo irripetibile e
inimitabile. Il rapporto con il mare è certamente quello che più di
ogni altro fattore la influenzato la propria ispirazione artistica, la
musa avvolgente e coinvolgente che ha determinato la vena artistica e
le forme plastiche della propria scultura in terracotta e in ceramica.
La visione iconica di Vincenzo è peculiarmente legata al mare. E’
uno scultore mediterraneo e la mediterraneità è certamente una cifra
stilistica che è ben viva e presente nella sua opera. In moltissimi
suoi “vasi” vi è il diretto richiamo al mondo marino, a forme che
vengono dal mare, alle conchiglie per esempio, o alle figure di
mitiche sirene o ai pesci della multiforme fauna acquatica. Sono
motivi di un repertorio iconografico antico e classicamente
autorevole, lontano eppure così vicino alla nostra sensibilità
contemporanea. E le ricerche cromatiche preziose ed evanescenti, fitte
di vivide lumeggiature cangianti e dinamici riflessi, si propongono
quali echi di una personalissima visione del mondo in una costante
ricerca di forme sempre nuove.
Nella
ricerca di Perinzano il segno diviene disegno, ovvero forma pensata e
ordinata dalla mente creatrice dell’artista e la materia, la terra,
diventa scultura, ossia pensiero plastico, concreto porsi nello spazio
di figure che acquistano una propria e autonoma consistenza fisica e
vivono di un’altrettanto autonoma realtà. Ritroviamo nella cultura
visiva di questo importante scultore contemporaneo tutta la difficile
prassi operativa, la saggezza tecnica, e direi alchemica, che ha
improntato la storia della scultura in terracotta e in ceramica fin
dalle origini della civiltà umana. Così la terra, il fuoco, l’acqua
e l’aria cioè gli elementi antichi e archetipici della cosmogonia
classica sono la base stessa su cui si fonda tutta la prassi tecnica,
operativa, e la visione creatrice di Perinzano. Egli cerca di
dominare, plasmare e adattare questi quattro elementi per creare e
ri-creare il proprio mondo e la propria visione della vita e delle
cose, partendo dall’esistenza quotidiana della nostra coscienza di
uomini immersi nel tempo, nelle “forme del tempo” che sottendono
la stessa creatività artistica, secondo la linea analitica formalista
già teorizzata dallo storico dell’arte George Kubler.
Quando
ci accostiamo alle opere d’arte di questo scultore dobbiamo ben
tener presenti le lunghe e appassionanti ricerche sui materiali e
sulle tecnologie che sono alle spalle della produzione plastica e le
ricerche stilistiche e formali messe di volta in volta in atto. La sua
opera è una continua fucina di idee e di sperimentazioni
tecnico-formali, la sua attività è sempre un “work in progress”.
Egli stesso non sa quali saranno gli esiti finali delle proprie opere
fino al fatidico momento in cui le tira fuori dal forno, come se fosse
un magico cappello a cilindro, e ne constata il risultato. Per questo
ogni oggetto d’arte, ogni opera, è un pezzo unico, assolutamente
irripetibile e con una propria e ben definita “personalità”.
Guardando
alcuni bozzetti di Perinzano, soprattutto disegni e ricerche grafiche
e coloristiche, si possono notare significativi tratti della propria
poetica stilistica come il segno sicuro e nervoso che li caratterizza
nonché l’estrema dinamicità che ricorda gli elementi della lontana
grammatica futurista e cubista. Nelle sue opere possiamo rilevare un’intensa
dinamicità che ben si coniuga ad un profondo rigore formale che
affonda le proprie radici in un ginepraio di echi e di forme che
ricordano le antiche culture e le civiltà classiche del Mediterraneo.
D’altra parte la sua iniziale formazione è avvenuta in importanti
atelier di grandissimi nomi della tradizione coroplastica vietrese;
tra tutti è bene ricordare la frequenza costante del laboratorio
I.R.M. di Napoli ai Ponti Rossi, con il grande maestro Guido Infante,
ai tempi in cui frequentava i corsi dell’Accademia delle Belle Arti
partenopea. Altro punto fermo dell’iniziale formazione di Perinzano
resta l’opera del maestro Guido Gambone, i cui echi, per certi
versi, sono ancora presenti nella propria opera. Tuttora Perinzano
collabora assiduamente con il maestro Infante e nello stesso tempo
trasmette la propria entusiastica passione per la ceramica ai suoi
allievi del Liceo Artistico Statale “Carlo Levi” di Eboli, con
tenacia, volontà e tanta umiltà.
L’antica
materia, la terra, e la nuova tecnologia raggiungono con Enzo una
magica simbiosi che trasforma l’idea classica e tradizionale di “ceramica”
e quella stessa di “scultura”. Si tratta di un insieme di
riferimenti iconografici che vengono trattati in forme nuove e perciò
attraggono la nostra attenzione, fino a focalizzare la nostra
coscienza sull’originalità espressiva che li distingue. Molte sue
sculture ci meravigliano perché propongono una grammatica che finisce
per sconvolgere la tradizionale accezione di “coroplastica”. Mi
riferisco, in particolare, ai “cromatismi metallizzati” che
distinguono alcuni suoi recenti lavori. Lo scultore ci offre, così,
una diversa e nuova idea di scultura, a metà strada tra gli oggetti
prodotti dall’industrial design e la scultura monumentale
contemporanea. Il rigore plastico-luministico della forma è visibile
in questa ricerca di effetti ottici che si coniugano, in modo insolito
e originale, con la tradizionale prassi della tecnologia della
ceramica. Gli effetti ottico-luministici di tali cromatismi finiscono
inevitabilmente per incuriosirci, suscitando certamente ammirazione,
ma prima di tutto dilatano, dinamizzano e valorizzano le superfici
delle sculture, impreziosendole. Ma non è tutto. Altra caratteristica
peculiare delle sue più recenti sculture è il loro rapporto con lo
spazio che le contiene e con quello generato da infinite pieghe, curve
e trafori, che spesso ne tormentano le superfici. Si genera, così,
una doppia spazialità: quella originata dal rapporto dinamico delle
sculture con l’ambiente circostante, esterno, e quella, più intima
e nascosta, più profonda e misteriosa, generata dai rapporti interni
tra le stesse masse di cui le sculture sono costituite. I nostri occhi
prima percepiscono un’infinità di percorsi che attraversano le
superfici esterne delle sculture per poi addentrarsi in quel dedalico
e tormentato percorso di pieghe, curve, fori, meandri, che sono la
sostanza intima e l’essenza stessa della materia plastica che
curiosamente, quasi fosse dotata di una forza propria, sembra voler
piegarsi e accartocciarsi su se stessa per ritornare nel proprio alveo
originario cioè nella terra. In questo senso non v’è più un
particolare punto di vista, privilegiato, da cui godere queste forme
plastiche e, a seconda delle angolazioni visive con cui la nostra
coscienza le percepisce, esse assumono sempre nuove forme, in modo che
guardando una sola scultura in realtà finiamo per percepirne infinite
altre. Assistiamo, così, ad una sorta di moltiplicazione sensoriale
delle masse e delle relative forme presenti in ogni singola opera.
Sicuramente questo è un risultato straordinario. Tutto questo è il
frutto di una costante e testarda ricerca segnica, grafica, plastica,
materica e alchemica, in una sorta di sfida tra la natura e l’artista
che si serve di essa per trasformarla e donarle la propria impronta,
storicizzandola, consegnandola per sempre alla storia dell’uomo
attraverso il tocco magico dell’arte.
Gerardo Pecci
All rights reserved
|
Carte di Credito Sono
sicure?
Assicurazioni
SEI
UN CRITICO? Collabora
con la nostra redazione!
|